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Cosa rende potente un servizio di ritratto

Jul 24, 2024

Ci sono tanti modi per riconoscersi in una immagine.


Tanti quanti siano gli esseri umani su questa terra.


Ognuno di noi ha un sentito unico e speciale, non credi?


Eppure ci sono dei sistemi neuronali che ci guidano tramite l'attivazione del sistema motorio sin dai primi giorni della nostra vita post-natale (e forse anche da prima) e questi sistemi sono propri del nostro genere, sono esperienze che abbiamo in comune.


Una vasta letteratura scientifica che parte dalla scoperta dei "neuroni specchio" da parte del team del Prof. Gallese, a fine anni '90 del 900 presso l'Università di Pavia, ha iniziato ad associare questo fenomeno neuronale innato e "corporale" (nel senso che parte e deriva dal corpo in quanto tale) all'empatia che ci permette di determinarci come individui in modo "soggettivo" solo partendo dal riconoscimento dell'altro da noi, percepito come uguale a noi.



Vittorio Gallese M.D. (2009), Mirror Neurons, Embodied Simulation, and the Neural Basis of Social Identification, Psychoanalytic Dialogues, 19:5, 519-536, DOI: 10.1080/10481880903231910


Cosa c'entra questa cosa con la fotografia e la fotografia di ritratto più in particolare?


A me vengono in mente due cose in particolare:


La fotografia è rappresentazione di un mondo interiore visto dal fotografo prima di tutto nella sua mente e poi tradotto in composizione, luce e espressione.


La fotografia di ritratto "viene bene" soprattutto quando il soggetto fotografato si riconosce nelle sue foto, le guarda con appagamento e amore verso se stesso.


D'altronde, prova a pensare a questo:


Se non esistessero gli specchi o le superfici riflettenti, nessuno di noi saprebbe mai com'è fatto.


Nessuno potrebbe mai sapere com'è il proprio volto.


Quando ci fotografano o ci facciamo fotografare, nel momento specifico di quell'atto, la persona fotografata NON SA come sta venendo...


L'unico modo per "venire bene in foto" è tramite un rispecchiamento ANCHE FISICO con chi ti sta fotografando.


La mia ipotesi è che la fotografia, e la fotografia di ritratto come sotto genere particolare legato al mondo "umano", siano dei mezzi che ci permettono di vedere il reale - e l'altra persona davanti a noi - con strumenti di riconoscimento reciproco.


Una sorta di interscambio tra quello che esiste e quello che si forma in quel particolare momento in cui si chiude l'otturatore.


In modo "fenomenologico", la realtà dell'immagine prende forma in un momento specifico - "adesso" - che non era prima e non sarà dopo.


In quel momento specifico ci stanno dentro tutte le emozioni, le motivazioni, le necessità e l'empatia del fotografo verso il soggetto ritratto: che sia un altro essere umano, un gruppo, un paesaggio, un animale, un oggetto e così via.


Ognuno di noi sceglie di fotografare (e di farsi fotografare) per motivi diversi e i risultati sono per la stessa causa, diversi.


Rispecchiamento emotivo


Per esempio, questa cosa viene fuori molto chiaramente durante le letture portfolio in cui sono presenti diversi fotografi.


Sia quando le faccio come lettrice che quando partecipo, la cosa interessante è vedere come ognuno veda e valuti e "legga" (appunto) una o una serie di immagini in modo completamente diverso dalla persona che ha seduta di fianco.


Le letture sono momenti di straordinaria ricchezza perché su 10 lettori, 10 ti daranno un punto di vista diverso dai precedenti.


Possono esserci delle similitudini ma ogni immagine arriverà in modo diverso a chi si rispecchia in quella immagine.


Solo quando si va verso una coerenza di stile e di intenti profonda nel fotografo che ha fatto della sua opera un lavoro di introspezione oltre che tecnico, allora le letture possono convergere verso risonanze comuni... comunque diverse.


Tutto questo è importante, in particolare dal mio punto di vista di ritrattista, perché il buon risultato di un servizio fotografico per te che sei la mia cliente "finale", dipende anche dalla capacità di rispecchiamento che come fotografa metto al tuo servizio.


In qualche modo devo "sentirti" anche se sei diversa da me e darti tutta l'energia che posso perché in quel momento del servizio fotografico, in quel tempo che trascorriamo insieme tu possa affidarti a me per "il tuo rispecchiamento".


In quel metro e mezzo tra me e te mentre sei nella sessione di posa, ci sta tutto lo spazio di creazione di un contenuto speciale.


Contenuto fotografico, visivo, che si forma non solo perché tu sei lì davanti a me a farti "meccanicamente" fotografare ma anche perché sei lì con delle motivazioni emotive che vanno oltre al semplice atto di scattare.



Vanno oltre, queste motivazioni, per entrambe.


Questa è la vera potenza di un servizio di ritratto che ricorderai per sempre

e vorrai ripetere.